Innanzitutto cerchiamo di capire cosa è “spam” e cosa non lo è; lo “spam” è un messaggio promozionale di un prodotto, di un servizio o di un sito web “non sollecitato” (tradotto pedissequamente dell’inglese “unsolicited”), ovvero non richiesto.
Cosa non è Spam
Innanzituto quotidianamente riceviamo newsletter od offerte commerciali di siti a cui ci siamo volontariamente iscritti; ad esempio da parte di Amazon, o di eBay, o da parte del nostro quotidiano online preferito. In questo caso non si tratta di “spam” in quanto al momento dell’iscrizione al sito abbiamo sicuramente prestato il consenso per ricevere comuncazioni nella nostra casella emai. Qualora in qualsiasi momento dovessimo ritenere fastidiose queste comunicazioni, in calce ad ogni emal ricevuta legittimamente c’è un link che rimanda ad una pagina web in cui l’utente può aggiornare le proprie preferenze, e quindi decidere di non ricevere più comunicazioni via email per il futuro. In questo caso, quindi non si tratta per niente di “spam”, ed anche il nostro ripensamento può essere espresso in modo rapido ed immediato con un semplice clic del mouse
Per rendere più evidente ciò di cui stiamo parlando esaminiamo lo screenshot sotto riportato e relativa ad una comunicazione commerciale di Amazon del tutto legittima; riportiamo solo la parte in calce alla comunicazione dove si può vedere chiaramente come “disiscriversi” dalla newsletter per il futuro, in modo del tutto immediato.
Un ulteriore indicatore della legittimità dell’email ricevuta può essere riscontrato nella formula “Quersto messaggio è stato inviato al seguente indirizzo di posta elettronica nomeutente@dominio.com”; in genere infatti i messaggi di “spam” vengono inviati ad una platea larghissima di destinatari, attraverso sistemi di mailing anonimi che “filtrano” delle pagine web gli indirizzi di posta degli ignari utenti.
E’ Spam? Casi dubbi o limite.
Al di là dei casi sopra riportati in cui espressamente l’utente ha prestato il consenso, e di cui certamente ha memoria di essere iscritto al sito da cui riceve le email (infatti nel caso precedente si tratta sempre di email provenienti direttamente da siti o da domini cui siamo iscritti), ci possono essere casi di email ricevute da compagnie di marketing differenti dai portali a cui siamo iscritti o di cui non ricordiamo nulla. Potrebbe darsi, in questi casi, che durante l’iscrizione ad un portale abbiamo prestato il consenso anche alla ricezione di email commerciali da parte di “partners” od “operatori collegati” al sito a cui abbiamo effettuato l’iscrizione. In questo caso troveremo nella nostra casella di posta delle comunicazioni commerciali, in genere provenienti sempre dai medesimi mittenti, ma con contenuto commerciale diverso di volta in volta, variabile da messaggio a messaggio. Pur se non ricordiamo di aver acconsentito alla ricezione, potremmo riscontrare i crismi della legalità in queste comunicazioni, nella identificabilità del mittente e, ove presenti, nelle note in calce alle singole email che sempre devono contenere la possibilità di negare il consenso alle successive comunicazioni. Se tutti questi elementi sono presenti, basta un pò di pazienza e procedere, per ogni diverso mittente, alla revoca del consenso attraverso il link in genere riportato in calce all’email (proprio come avviene del caso legittimo di Amazon che abbiamo evidenziato sopra). Sia che avessimo preventivamente prestato il consenso, sia che non lo avessimo fatto, la nostra azione successiva avrà il pregio di evitare altre comunicazioni per il futuro.
Non di rado, infatti, avviene che le comunicazioni commerciali vengano inviate su larga scala, anche ad utenti che non abbiano manifestato alcun interesse preventivamente, fermo restando la possibilità di effettuare la “disiscrizione”. Per entrare nel tecnico è l’annosa qustione in del mailing marketing secondo le modalità dell’ “opt-in” e dell’ “opt-out”; nel caso di marketing opt-in (in genere utilizzato dalle compagnie con sede in Europa e che devono attenersi alla legislazione europea in materia), le comunicazioni possono essere inviate solo agli utenti che hanno preventivamente espresso il proprio consenso; nel caso del marketing opt-out, le comunicazioni vengono inviate anche senza il preventivo consenso, purchè sia concesso all’utente la possibilità (in modo semplice) di negare successivamente il proprio consenso alla ricezione delle comunicazioni commerciali.
In ambo i casi, ripetiamo, nulla questio: un semplice clic del mouse e tutto torna alla normalità.
Cosa è sicuramente spam.
In tutti i casi che esulano da quelli sopra riepilogati molto probabilmente ci troviamo dinanzi a casi di spam. Spesso queste comunicazioni commerciali finiscono direttamente nella cartella “posta indesiderata”, e l’utente non ha neanche idea che esse siano giunta. Questo avviene grazie all’identificazione dei “sender”, ovvero dei mittenti (che possono essere indirizzi email od indirizzi IP) che vengono inseriti in una sorta di lista nera, a cui il filtro della posta attinge per spostare i messaggi nella sezione “spam”. Oltre a questa tipologia di filtro alcuni antivirus ed alcuni client di posta elettronica utilizzano anche un sistema “euristico”, basato su una database di parole che in genere “abbondano” nei messaggi di posta indesiderata; il limiti di questo metodo è che essendo più “largo” può a volte spostare nella cartella di “Posta Indesiderata”, messaggi che in realtà non lo sono (ovviamente, quando l’utente ne ha contezza, può indicare al programma od al filtro l’attendibilità di quel mittente anche per il futuro).
Lo spam, in genere, non proviene mai direttamente dal sito commerciale il cui prodotto o servizio tende a promuovere. Questo avviene perchè, quasi tutti i siti commerciali, esternalizzano in parte il proprio marketing, affidandolo attraverso i cosiddetti “programmi di affiliazione” a singoli webmaster, i quali non tutti tendono a rispettare le regole del gioco. Attraverso lo “spam” il webmaster “furbetto” tende ad inviare le email commerciali ad una pluralità di utenti in modo da attirare presso il sito “commerciale” più clienti possibile, e di conseguenza guadagnare una provvigione od un compenso una tantum per la clientela inviata. Purtroppo, finchè da un punto di vista normativo, non si effettuerà la “traslazione” della condotta fraudolenta dal singolo webmaster al portale commerciale che egli pubblicizza, sarà sempre difficile impedire che questi messaggi non sollecitati arrivino nelle nostre caselle email. Ma a nostro avviso qualcosa si può fare, e lo si può fare in prima persona, per così dire, contrattacando…
Al contrattacco! La nostra crociata contro lo Spam.
Se come abbiamo detto, le email indesiderate provengono in genere da mittenti poco riconoscibili e non contengono la formula che consente il diniego del consenso per il futuro (o se la contengono, nonostante venga utilizzata, l’indicazione dell’utente viene costantemente disattesa) essi però sicuramente rimandano a siti commerciali o portali web fanno advertising (con i banner ad esempio, od i pop up) a siti commerciali. Se è vero, che non esiste una responsabilità diretta da parte del sito commerciale sponsorizzato dal singolo webmaster, per l’attività furbetta o fraudolenta del webmaster, è pur vero che quasi tutti i programmi di affiliazione (tutti quelli che riguardano attività commerciali sul web che hanno sede in Europa o negli Stati Uniti, quanto meno), prevedono forme di penalizzazione per i webmaster che adottano tecniche non etiche o di “spam”. Queste forme di penalizzazione possono arrivare fino alla sanzione “definitiva” della chiusura del rapporto commerciale con il webmaster “fraudolento”, a cui vengono anche “decurtati” i guadagni frutto di tale attività invasiva.
Ecco dunque in cosa consiste il nostro contrattacco: anche se non riusciamo ad individuare il mittente dell’email indesiderata, basta recarsi sul sito commerciale che attraverso essa viene promosso e pubblicizzato; in questi siti, di norma, ci sono sezioni dedicate alle “segnalazioni”, e qualora non ci fossero, basta inviare un email, con per allegato la mail indesiderata ricevuta (attraverso la funzione “inoltra”), all’indirizzo email del sito sponsorizzato nella mail. Dopo più di qualche segnalazione, siamo sicuri che il conto con cui il webmaster “guadagna” verrà chiuso da parte del sito commerciale, impedendo quindi in questo ultimo non solo di inviare mail per il futuro, ma fungendo anche da “deterrente” che gli consentirà di valutare bene le proprie strategie di marketing per il futuro. Si tratta, in ultima, istanza di creare un vero e proprio “danno economico legittimo” al webmaster che invia messaggi pubblicitari indesiderati. Crediamo che in questo modo, la “convenienza” ad inviare spam possa divenire col tempo non solo nulla, ma addirittura negativa, in quanto la chiusura di un rapporto commerciale per il webmaster, significa perdita di guadagni futuri e reimpostazione di nuove strategia di marketing.
Casi in cui il contrattacco potrebbe non funzionare
Ovviamente la tecnica che abbiamo sopra spiegato potrebbe non funzionare in tutti i casi; anzi essa è efficace solo quando il prodotto o servizio pubblicizzato nella email indesiderata proviene da un’operatore commerciale affidabile, o che abbia sede in Europa o negli Stati Uniti. Questo vale ovviamente anche per settori al limite, come le email di “spam” riguardo al gioco d’azzardo: se l’operatore è un’operatore concessionario in Italia (attraverso una licenza AAMS) la segnalazione dello spam sarà efficace; se l’operatore, seppur non legale in Italia, è presente in un altro paese europeo (come Malta o Gibilterra ad esempio), anche in questo caso la segnalazione sarà sicuramente presa in considerazione ai fini delle “penalità” da assegnare al webmaster furbetto.
Ma quando si tratta di spam che ha ad oggetto farmaci, viagra, casinò con sede in paradisi fiscali caraibici (ad esempio Costa Rica, Aruba, etc.) crediamo che sia addirittura superfluo provare ad inviare una segnalazione in materia, in quanto si tratta di operatore che nella maggior parte dei casi si disinteressano completamente dei comportamente messi in essere dai propri affiliati, pensando piuttosto solo al profitto. In questi casi limiti occorre solo che il nostro filtro “antispam” funzioni a dovere… ed occorre sperare in un futuro (che a noi sembra decisamente lontano) in cui ci possa essere una armonizzazione legislativa in materia in tutto il mondo.
Ad ogni modo crediamo che se tutti con un minimo di pazienza cominciassero a segnalare lo spam ai siti che attraverso queste email vengono sponsorizzati, ci sarebbe, anche in breve tempo, un deciso ridimensionamento del fenomeno. Insomma che ciascuno faccia la propria parte!